Tre scritti su laicità, pluralismo, sentimento religioso -
1 - Tutti più o meno conveniamo nel riporre le radici più profonde del laicismo liberale nell’«anti-dogmatismo» che gli è consustanziale. Risulta – l’«idea di laicità» – dalla attitudine critica (e polemica) della filosofia razionalistica [quella del «Secolo dei Lumi»] verso qualunque asseverazione categorica che intenda riferire ai «sommi valori dello spirito» – o all’«intima essenza delle cose» – o questo o quel «giudizio di certezza». Impugnano – invero – i Philosophes la perentorietà assiomatica delle grandi Confessioni storiche. Contestano la presunzione di coloro che se ne sentono partecipi: di poter rifarsi a «verità assolute» [«oggettive», «universali»] del tutto indubitabili. Con l’incentrare la propria riflessione sul principio della «soggettività della coscienza» e del «sapere», i Philosophes vogliono invece risvegliare una reazione della umana intelligenza avverso la categoricità di tali assiomi: i quali [per il loro medesimo accamparsi siccome «non controvertibili»] tolgono spazio alla creatività libera e piena che – per diritto nativo – s’appartiene alla inventiva vigile degli uomini. (continua)
L'autore
Professore emerito di Storia del Diritto canonico nell'Università degli Studi di Roma "la Sapienza", Facoltà di Giurisprudenza.
Note
Per la cortesia dell'Autore ripubblichiamo in un contesto unitario tre saggi relativi ai rapporti, fattisi scabrosi, fra laicità e religiosità, e fra diverse religiosità: su questi scritti i luttuosi, tragici fatti di Charlie Hebdo richiedono una rinnovata riflessione di tutti.